ROLLEIFLEX: DUE LENTI PER UN MITO
Comincia con questo numero una rubrica che ci accompagnerà a conoscere, e spero ad amare, alcune fotocamere del passato, famose e meno famose. Per cominciare in bellezza, ho scelto un classico che è passato indenne attraverso i decenni, una macchina per così dire “fuori dal tempo”, tanto semplice quanto geniale. La Rolleiflex. Parlare di Rolleiflex, o della sua “sorelina minore Rolleicord” significa confrontarsi con un mito che fa parte ormai dell’immaginario collettivo. Basti pensare alla Valentina di Crepax, per intuire la potenza del mito.
Ma cosa rende la Rolleiflex, e con lei tutte le biottiche, così speciale? Prendiamo la macchina del tempo e risaliamo fino al 1929… La Grande Crisi, e poi la Belle Epoque, il Charleston, i gangster di Chicago col gessato che smitragliano dal predellino dell’auto… Ci siamo? Inquadrato il periodo? Ok, torniamo alla fotografia. All’epoca si scattava su pellicola, o su lastra. il formato 135 era appena nato, e lo standard era “dal medio formato in su”, per una serie di buoni motivi: un negativo di grandi dimensioni è meno esigente nei confronti dell’ottica, e con un semplice, economico provino a contatto, ci si potevano stampare senza bisogno dell’ingranditore quelle fotine “da portafoglio” che all’epoca andavano per la maggiore. Ma con cosa si scattava, all’epoca?
C’erano le modeste e ingombranti Brownie del “voi premete il bottone, noi facciamo il resto” di mamma Kodak, le macchine a soffietto, belle ma delicate, le gigantesche fotocamere per giornalisti, le cosiddette, “press cameras”, e le prime, impertinenti Leica.
Brownie: l’antenata di tutte le “compatte”
Press Camera
Kodak a soffietto
Leica I
Le immagini allegate, raccolte in rete, possono anche essere leggermente successive alle prime Rolleiflex, ma servono solo per dare un’idea delle alternative dell’epoca (la Graflex in foto credo sia degli anni ’40).
In questo mondo di “poco più che giocattoli” o sofisticati gioielli della meccanica, la Rolleiflex fa categoria a parte, eccola:
la Rolleiflex del 1929
è il modello del 1929: più compatta di una press camera e perfino di una Brownie, più semplice ed affidabile di una folding, dotata di un’ottica di assoluto livello, e soprattutto con un mirino a pozzetto spettacolare.
Credo che il suo segreto sia stato proprio quel pozzetto, che riportava nel medio formato lo spettacolo della visione direttamente sullo schermo di messa a fuoco. La macchina è molto semplice, in ossequio alla regola numero uno (mai scritta) dell’ingegneria: solo quello che non c’è non si può rompere.
Niente soffietti, niente specchi da alzare ed abbassare, niente leve e rinvii complicati: due ottiche una sull’altra, che per la messa a fuoco si muovono contemporaneamente, azionate da una ghiera laterale, un otturatore centrale, semplice e silenzioso, che all’epoca era lo standard, il rullo dietro all’obiettivo in basso, e lo specchio fisso dietro a quello in alto, a rimandare la stessa immagine, o quasi, allo schermo di messa a fuoco. Poco più che una scatola vuota, insomma: affidabilità assoluta che unita all’ottimo livello delle ottiche Zeiss e al piacere di utilizzo, ne decretarono un successo fuori dal tempo nelle sue varie incarnazioni più o meno “barocche”, con fregi e cromature secondo il gusto dell’epoca. Nell’uso è singolare l’esperienza dell’inquadratura dalla pancia: “se Dio avesse voluto farci vedere le cose in quel modo”, ebbe a dire – più o meno – Cartier Bresson, “ci avrebbe messo gli occhio sulla pancia”,
la fotografa Nina Leen su Life
la sua discrezione, il suo lasciar vedere intero il viso di chi scatta, l’effetto un po’ straniante del soggetto che nel pozzetto va a destra quando si sposta la macchina a sinistra, e viceversa (effetto della mancanza di un pentaprisma), ma la Rolleiflex venne usata anche dai reporter di guerra, che scoprirono di poter inquadrare e scattare sporgendo solo la macchina capovolta, tenendo la testa ben al riparo di qualche trincea o riparo di fortuna (e qui la mente corre a Gerda Taro e Robert Capa e alla guerra di Spagna del ’36, ovviamente).
Nel corso dei decenni la Rolleiflex è stata usata da molti grandi fotografi (cito solo la Arbus, o Doisneau) per creare i loro capolavori, ma anche da personaggi famosi e stelle del cinema.
James Dean
Marilyn Monroe
Robert Doisneau
Un club esclusivo ma non troppo, a cui si può accedere con una spesa importante ma non stratosferica: basterà un po’ di ricerca in rete, rinunciando magaria quello zoom per la digireflex che volevate prendervi per Natale. Del resto, gli zoom vanno e vengono, ma certi miti, sono fatti per restare.
Detto questo, lascio alla mia fotografa preferita il compito di salutarvi, sperando che l’articolo vi abbia un almeno po’ interessato, senza tediarvi troppo.
FF