Chez Mondrian, 1926. Una tra le più celebri immagini di André Kertesz
Kertesz è famoso per il punto di osservazione delle sue immagini, molto più alto rispetto alle immagini di street canoniche; egli trasformava le strade in qualcosa di più di un’astrazione mostrando una prospettiva nuova che normalmente non osserviamo ne vediamo. La maggior parte delle fotografie di street sono scattate a livello del suolo che può rendere le stesse più grandi ma visivamente anche più banali mentre scegliere un punto di vista più alto crea nuovi racconti, permette di cogliere dettagli altrimenti sfuggenti.
Provate a prendere l’ascensore fino all’ultimo piano di un palazzo composto da appartamenti o da uffici e fotografate dall’alto verso il basso quello che osservate. Scoprirete che questo è un modo molto particolare di avvicinarsi alla street photography, che è possibile trasfromare i soggetti in astrazioni di luce, ombre, e forme e concentrarsi sulla geometria e la forma dello spazio.
Kertesz è stato uno dei primi fotografi ad abbracciare la fotografia come fosse un vero e proprio medium artistico. Egli ha infuso nel suo lavoro il senso della composizione basta sulla geometria e la forma. Se si guarda alla maggior parte del suo lavoro, veramente ha dipint con la luce considerando l’angolo in cui la luce colpisce il suoi soggetti le ombre che proiettano, così come il contrasto tra neri e bianchi.
Durante le riprese per le strade Kertesz integrò le forme e le figure in primo piano con lo sfondo per dare più eleganza, forma e poesia ai suoi soggetti. Egli in un primo tempo aveva fatto sorgere dei dubbi alla gente che viveva la sua originalità con sospetto, preferendo riprese di strade e fotografie più ordinarie, tuttavia ben presto Kertesz dimostrò che le foto scattate e quello che vedeva era non solo attinente alla realtà ma anche in prospettiva estremamente stimolante e ricco di dettagli, concentrandosi sulla forma e sulla geometri delle strade stesse. Anche con le nature morte ha mantenuto il suo occhio acuto fotografando forme apparentemente banali come forchette, bicchieri e fiori. Niente era troppo normale per non essere fotografato e quando riprendeva tali oggetti evidenziava la loro bellezza e l’eccezionalità del banale.
Niente è troppo ordinario per non essere tema di uno scatto fotografico. Tenendo d’occhio la composizione con uno sguardo acuto verso l’ordinario. Come si fotografano la famiglia ed i bambini concentrandosi sull’inquadratura e sulla composizione si può fotografare la tazza di caffè mentre si beve e prendere in considerazione la luce e gli elementi di forma e spazio. Studiare libri d’arte, visitare musei e guardare come altri artisti sono stati in grado di comporre splendidamente e fotografare ciò che vedevano, permette nel tempo all’occhio di diventare intuitivo nei confronti della composizione! E’ questa l’eredità più grande che ci ha lasciato Kertesz.
Durante la sua vita egli sperimentò con diversi mezzi la fotografia: ha scattato con lastre di vetro, 35 mm, su Leica, anche con una Polaroid SX-70 verso la fine della sua esistenza. Kertesz sperimentò con differenti focali per realizzare la sua visione artistica e cominciò a fotografare con diverse lenti , segno questo della sua crescente preoccupazione per le questioni formali poste in essere dal mezzo usato.
Nel 1927 durante una visita a Montamatre guardando verso il basso una scala pubblica rimosse l’elemento frontale dal gruppo ottico sulla sua macchina fotografica Volgtlander. Il risultato fu un leggero effetto da teleobiettivo che appiattì la scena e quindi rese la funzione immagine più come una superficie bidimensionale. Ciò piacque a tal punto che sviluppò diversi modi per migliorare questo effetto con l’acquisizione di lenti su misura che andavano da 90 a 260 millimetri. Grazie alla sua elasticità mentale e creativa ad esempio se non ci piacciono i colori con le riprese in digitale si può sperimentare con una pellicola a colori, se pensiamo che le immagini non sono abbastanza intime proviamo a riprenderle con un obiettivo più ampio: vogliamo una minore distorsione nelle immagini e forse usando un obiettivo più lungo posiamo ottener e quello che cerchiamo. Grazie alla lezione di questo genio ed artista del linguaggio fotografico sappiamo che non dobbiamo mai lasciarci ostacolare dal nostro equipaggiamento per dar sfogo alla creatività. Ma ancora una volta, ricordiamo di bilanciare la sottile linea tra la produzione e l’interesse verso nuove attrezzature fotografiche.
Per Kertesz vedere non è sufficiente, devi sentire ciò che si fotografa.
Egli racconta: “Credo che le immagini più memorabili siano quelle che si toccano su base emotiva. Le fotografie che hanno colpito dritto allo stomaco e si imprimono sulla vostra memoria ; queste possono essere foto sia tristi che tragiche, foto che esprimono felicità e ricolme di vita, oppure strane e stravaganti. Ritengo che le emozioni espresse siano più importanti della tecnica stessa. Essa non è importante ed è nel sangue; gli eventi e l’umore con cui sono percepito sono più importanti di una buona luce ed è nel divenire di ciò che si trova il quid che fa la differenza. Se volete scrivere dovreste imparare l’alfabeto, scrivi e scrivi ed alla fine si ottiene una bella calligrafia, segni ccomposti perfettamente ma, non è l’alfabeto che è importante, piuttosto ciò che si sta scrivendo ed esprimendo. La stessa cosa vale per la fotografia.
Le fotografie possono essere tecnicamente perfette ed anche belle ma non possedere alcuna espressione. Quando si è fuori per riprendere la vita per le strade, non bisogna essere attratti solo da belle forme, dalle luci e dalle ombre, piuttosto cercare le emozioni che procura tutto ciò che vediamo. Cercare gesti delle mani che segnalano come una persona si senta, lasciare che il vostro cuore vi guidi durante le riprese per le strade. E’ anche possibile lasciare che le vostre emozioni vi indichino cosa e come riprendere un dato evento incontrato per strada ed anche durante il processo di sviluppo delle immagini ciò è rilevante.
Piuttosto che limitarsi a giudicare le proprie foto in base a ciò che viene composto ed inquadrato bene, giudicate le vostre immagini in base al fatto che abbiano un impatto emotivo. Se una fotografia non riesce a suscitare qualsiasi tipo di emozione, perfino in voi stessi, che l’avete scattata, consideratela morta.
Diceva Kertesz: “Bisogna essere pazienti per cogliere il momento giusto, il momento si impone sempre nel mio lavoro, quello che sento lo faccio, questa è la cosa più importante per me. Tutti possono guardare ma non necessariamente vedere, non ho mai calcolato o preso in considerazione un dato aspetto precipuo, vedo una situazione e so che è quella giusta, anche se devo tornare indietro per ottenere la corretta illuminazione.”
André Kertesz ha abbracciato ciò che comunemente è noto come momento decisivo ovvero in fotografia è quel momento in cui tutti gli elementi di un telaio si uniscono perfettamente. Per questo autore la fotografia era uno strumento perfetto per vedere il mondo in un unico modo. Non guardare solo a persone, luoghi e cose ma per vederli veramente ad un livello più profondo seguendo l’istinto: se non saremo mai certi di quale sarà il “momento giusto”, pazientare allora e scattare quando si è sicuri che la composizione è quella che cercavamo ed avevamo in mente, quando la sentiamo completa. Quest’autore sosteneva di andare in giro osservando i soggetti da varie angolazioni fino a quando gli elementi dell’immagine si disponevano in una composizione che piaceva al suo occhio.
Grandi composizioni in una foto scattata in strada sono follemente difficili da ottenere perché è presente tantissimo caos. Come si può riprendere tutto quel disordine e creare forme eleganti? Egli consigliava di prendere in considerazione questi due aspetti: il primo era costituito dalla luce da studiare quando si sta per fotografare. Se vedete che la luce non è buona, forse tornare alla scena in un momento migliore è l’ideale. (Durante l’alba ed il tramonto si ha l’ora d’oro). Il secondo aspetto invece indicava di osservare una scena da diverse angolazioni, quindi nel momento in cui vedete qualcosa che vale la pena di fotografare muovere i piedi e guardare la scena da diverse prospettive e scegliere quale sia la più piacevole per l’occhio.
Quando pensiamo alla parola dilettante dandogli un’accezione negativa ci riferiamo a persone che non sono qualificate per essere fotografi, piuttosto pensiamo a fotoamatori noti per essere maldestri fotografi per hobby, che costruiscono composizioni povere, possiedono un’attrezzatura eccessiva e giubbotti stracolmi di ogni attrezzo possibile ed immaginabile.
Tuttavia il vero significato della parole “dilettante” è qualcuno che fa qualcosa per amore di essa piuttosto che per un guadagno di qualsiasi genere, notorietà compresa. Kertesz diceva di se stesso: “ Io sono un dilettante e intendo rimanere tale per tutta la mia vita. Attribuisco alla fotografia il compito di registrare la reale natura delle cosa, il loro interno, la loro vita.
L’arte del fotografo è una scoperta continua, che richiede pazienza e tempo, una fotografia trae la sua bellezza dalla verità con cui è registrata, scattandola, per questo motivo mi rifiuto di usare tutti i trucchi del mestiere e del virtuosismo professionale che potrebbe farmi tradire la mia carriera. Appena trovo un argomento che mi interessa lascio alla lente per registrarlo la facoltà di essere sincera. Una volta trovato un tema od un concetto che ci interessa abbracciarlo completamente ed utilizzare la fotografia come mezzo per registrare quello che si trova guardando verso di esso in modo schietto e sincero. Scattare delle fotografie per strada è un modo per registrare quello che si vede nella vita e renderla così bella ed immortale.
Kertesz ha trascorso gran parte della sua esistenza alla ricerca di fama ed il riconoscimento per il suo lavoro lo ha ricevuto tardivamente. Kertesz è stato raffigurato come il milite ignoto che ha lavorato dietro le quinte della fotografia e pur avendo ricevuto premi non ha mai sentito il suo stile ne il suo lavoro completamente accettato ne dal pubblico ne dalla critica d’arte allo stesso modo. Certamente creare lavoro ed immagini che siano rilevanti e significanti per se stessi e venderle forse è più importante che ottenere fama dalle stesse, dopotutto la fama ed il riconoscimento dipendono dal parere degli altri, è qualcosa che non si può controllare. Da tenere presente che la fama a volte è importante per rimanere motivati ed affermati nel proprio lavoro.
Kertesz aveva 90 anni quando creò un nuovo portfolio e quando gli fu chiesto cosa lo facesse andare avanti rispose: “ Sono ancora affamato!” e ciò dovrebbe essere interpretato come fame per compiacere se stessi, piuttosto che la fame di essere accettati dagli altri. Continuate ad andar fuori a scattare, continuate a farlo ed ignorare cosa gli altri pensino di voi!
André Kertesz è stato certamente una delle figure più cruciali della Street Photography e, se Henri Cartier-Bresson lo ha definito uno dei fotografi più influenti, ci deve essere una forte verità in ciò. Se volete saperne di più su Kertesz bisogna approfondire le sue fotografie, acquistare i suoi libri fotografici o cercare le sue immagini online, capire come ha abbracciato la forma alla composizione ed alla luce nelle sue immagini, così come l’emozione ed il sentimentalismo delle sue visioni. Penso che se tutti noi aspirassimo a scattare foto che è compreso in una buona composizione, ed esprimendo allo stesso tempo una forte emozione come ha fatto Kertesz potremmo sicuramente essere molto soddisfatti del risultato ottenuto e di noi stessi. Questa è la lezione più grande che ci lascia in eredità tale autore!
Paola Palmaroli
vai alla parte 1
Shadow. André Kertesz