FOTOGRAFIE. WHITE WOMEN / SLEEPLESS NIGHTS / BIG NUDES
14 settembre 2016 al 22 gennaio 2017, Palazzo Ducale
Dopo la tappa veneziana de La Casa dei Tre Oci, è sbarcata a Genova, e rimarrà visitabile sino al prossimo 22 gennaio, la mostra “Helmut Newton. Fotografie. White Women / Sleepless Nights / Big Nudes” che, in un percorso visivo che raccoglie oltre 200 immagini, rende omaggio ad uno dei fotografi più importanti e controversi del Novecento.
Il progetto della mostra, curata da Matthias Harder e Denis Curti, è stato fortemente voluto da June Newton, vedova del fotografo, e presenta le immagini dei primi tre libri di Newton pubblicati tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta nei quali gli scatti commissionatigli e quelli frutto della libera ricerca del fotografo convivono in un non scontato percorso introspettivo proposto alla personale interpretazione di colui che guarda.
Nel corso della sua carriera, il grande fotografo ha lavorato per stilisti quali, per citarne solo alcuni, Chanel, Gianni Versace, Yves Saint Laurent e ha ritratto tantissimi personaggi dello spettacolo, della cultura, della politica e del cinema come, ad esempio, Ava Gardner, Charlotte Rampling, Catherine Deneuve, Romy Schneider, Raquel Welch, Sigourney Weaver, Margaret Thatcher, Helmut Kohl, Jean-Marie Le Pen, Rainer Werner Fassbinder e Wim Wenders.
Ma, che la fotografia di Newton sia progettata per la moda o che sia frutto di libera espressione, il suo esprimersi tramite il nudo, ed in particolare laddove utilizza dei bianchi e nero che “hanno fatto la storia”, si rivela senza dubbio provocatorio, fortemente intuitivo nonchè ironico.
Le donne che ritrae possiedono sempre grande personalità, oltre che una spiccata sensualità e l’ambientazione alto borghese di molti suoi scatti, al tempo, non ha potuto non suscitare scalpore e l’ombra della censura popolare per “presunta immoralità”.
Innovativo peraltro si rivela il suo interpretare la moda che si dispiega al di fuori degli studi di posa in un dialogo, talora confliggente, con il mondo esterno, con la metropolitanità.
La sua estetica, espressa anche tramite quella che potremmo definire una maniacale costruzione della scena e della posa, spesso tramuta lo spettatore, anche incoscientemente, in un voyeur ammaliato da una seduzione che non si esprime solo nella rappresentazione, pur talvolta estrema, della nudità e dell’erotismo ma che sa e vuole tingersi di sfumature ironiche e velatamente concettuali. Ecco allora che la fotografia di Newton si traduce in un continuo ammiccare allo spettatore, che si ritrova ad essere complice in questo percorso di “disvelamento” – in senso figurato e non – di una donna nuova, per certi versi androgina e soprattutto trasgressiva rispetto allo stereotipo della più comune accezione sociale e culturale della femminilità.
La fotografia di Newton si legge dunque come frattura, non solo prettamente estetica, ma anche del costume sociale.
Tutto ciò lo si avverte anche seguendo il percorso espositivo che ci accompagna ad incontrare le donne di “White Women” (1976) – opera nella quale, per la prima volta, Newton introduce il nudo e l’erotismo nella fotografia di moda – , quelle di “Sleepless Nights” (1978) – lavoro maggiormente introspettivo nel quale le immagini si fanno ritratti oltre che foto di moda tout court e talvolta compongono racconti reportagistici quasi da “scena del crimine” – ed infine le note gigantografie di “Big Nudes” (1981) destinate ad entrare nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo.
Racconta il curatore Matthias Harder:
«Sono scatti realizzati nei luoghi che Newton amava di più – lui non aveva uno studio – e che faceva propri: le stanze degli alberghi di lusso e delle ville, ma anche le piscine. Newton, che era sposato con la fotografa June Brown, amava molto le sue modelle, ma pare che con loro il rapporto non avesse nulla di erotico: a flirtare con le giovani donne era solo la sua macchina fotografica».
E le donne con le quali Newton flirta – e ne ho avuto riprova vistando la mostra a Venezia – sono forti, consapevoli del potere derivante dalla loro sensualità e soprattutto indipendenti; non è certo un caso che nella sua fotografia l’elemento maschile si affacci come semplice comparsa e nulla più.
Helmut Newton ha rappresentato per la fotografia (e per la società) molte cose ma mi piace semplicemente pensare che sia stato un uomo, un artista, un visionario, un fotografo che eternamente è stato attratto dalla bellezza e che ha voluto esprimerla in una forma che non fosse fine a sé stessa.
Di Michela Checchetto
Per saperne di più
http://www.palazzoducale.genova.it/helmut-newton/
http://www.newtongenova.it/
“In diretta” da Genova: la mostra, nelle immagini realizzate
per La Gabbia Armonica da due inviate molto speciali.
Fotografie di Caterina Bruzzone e Donatella Maritan.
- Foto di Caterina Bruzzone
- Foto di Donatella Maritan
- Foto di Caterina Bruzzone
- Foto di Donatella Maritan
- Foto di Caterina Bruzzone
- Foto di Caterina Bruzzone
- Foto di Donatella Maritan
- Foto di Donatella Maritan
La Gabbia Armonica, Ottobre 2016