Perchè Fotografare In Bianconero? parte seconda

Foto di Marco "Fetch" Lano

PARTE SECONDA

 

“…Ma perchè la fotografia in bianconero continua a esercitare un tale grandissimo fascino? Perchè tanti, appassionati e non, esprimono abitualmente l’idea che il monocromatico è “un’altra cosa”? Che il sapore di una fotografia black & white è di altra portata? Anche e soprattutto giovani fotografi, che non hanno vissuto l’età della pellicola…

Le ragioni sono sicuramente varie e diverse. Certamente in molti casi l’idea di accostarsi a qualcosa, se non proprio vintage, di tradizionalmente passato, rappresenta una certa attrazione in sè. Ma c’è altro, di riconducibile al senso stesso della fotografia, della narrazione della realtà attraverso un’immagine statica e bidimensionale. Ovvero, di una realtà reinventata….”

Sebastiao Salgado

Foto di Sebastiao Salgado

Così avevamo concluso la prima parte di questa chiacchierata sui perché della fotografia monocromatica, riferendo in conclusione al senso stesso della fotografia…

Certamente il tema della relazione tra realtà e immagine fissata su carta è sempre affascinante. Ed è stato probabilmente trattato attraverso ogni possibile punto di vista, o quasi, da tempo ormai immemore.

Indubbiamente, crediamo, si può comunque stabilre che la fotografia differisce dalla realta per definizione, per sua stessa, intrinseca natura, non foss’altro perché

1) ricomprende in se solo “un pezzo” della realtà osservata, scelto dal fotografo, unico a decidere cosa includere o meno nel rettangolo del fotogramma,
2) una fotografia è bidimensionale,
3) una fotografia è statica laddove la vita inevitabilmente non lo è.
 

Questi fattori sono evidenti a tutti e piuttosto concreti, ma ce ne sono altri, meno immediati forse, ma non per questo meno rilevanti….

Mario Giacomelli

Foto di Mario Giacomelli

La percezione della realtà è qualcosa che avviene a livello cosciente, ma non solo. Se siamo in un ambiente, e si ode ad esempio musica, non è importante che a questa venga prestata particolare attenzione, perché diventi parte significativa di “quella realtà” (si veda ad esempio il concetto di “ancora”, secondo l’analisi transazionale di Eric Berne), anzi, possiamo trovarci nella situazione di non rilevarla proprio, a livello cosciente. E lo stesso vale per gli odori, per il caldo o il freddo che avvertiamo, per l’umore con il quale siamo presenti a un accadimento e con cui lo viviamo.

La fotografia non può fissare tutto questo, ma, attraverso accorgimenti e scelte tecniche, può “suggerire” emozioni particolari e legarle a una situazione. Sensazioni che possono essere anche assai lontane da quel complesso percepito che chiamiamo realtà, ricostruendo di fatto un nuovo scenario emozionale, che prende vita propria e determina una nuova e del tutto indipendente idea di realtà.

Ed ecco che la cosiddetta realtà reale e quella che ci raggiunge attraverso un’immagine fotografica, si allontanano ineludibilmente, diventando cose altre, se non addirittura totalmente divergenti.

Che poi questo avvenga nel pieno controllo e dietro la volontà del fotografo, non è così rilevante: il fotografo capace, saprà gestire un’immagine per condurre a una sensazione malinconica, per esempio. Ma pensiamo a una fotografia di compleanno, scattata senza alcuna particolare competenza, accidentalmente… Verrà indelebilmente fissata una postura, fermato uno sguardo… Ecco, nella realtà viva abbiamo momenti di divertimento e di noia, sorridiamo o ci rabbuiamo: in quella fotografia avremo una sola, particolare espressione, e quella diventerà significato, anche se, nella situazione vissuta, è stato solo un momento imprecettibile, dentro altri mille, diversi momenti.

E non è difficile immaginare quanto, se si intende agire strumentalmente, tutto ciò possa risultare potente, nel bene e nel male.

Ma perché tutto questo, legato in particolar modo alla fotografia monocromatica?

Francesco Merenda

La foto introduttiva dell'articolo è di Marco "Fetch" Lano

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La Gabbia Armonica, Ottobre 2016

 

 

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